Marduk
Marduk
Rappresenta un toro, in forma stilizzata, che trae ispirazione dal Bos Primigenius, specie di Mammifero Artiodattilo Bovide, di dimensione notevole, con corna lunghe e pesanti, che si estinse nel 17° sec. e che è considerato il capostipite di tutte le razze di Bovini domestici. Marduk rappresenta un toro fantastico e in quanto tale incarna l’aspetto di più quadrupedi. Ispirato ai miti dell’antica Mesopotamia, area geografica in cui sono iniziati i primi allevamenti domestici di bovini, si richiama in particolare a Mušhuššu (Sirrush), che è una figura apotropaica, che riunisce in sé non solo gli aspetti di diversi animali, ma anche il loro carattere. Ne sono rappresentati alcuni esemplari sulla porta di Ishtar, edificata da Nabucodonosor, in onore di Marduk a Babilonia, dove hanno il ruolo di difensori della città. Personalmente ho immaginato il mio “Marduk”, come un’opera d’arte, attraverso cui sperimentare, che la creatività e la fantasia possono farsi strumento per generare la curiosità delle persone, agendo su un’azione atta ad eliminare le resistenze dell’incomprensione. Marduk è una scultura che vuol trasmettere un’idea: aprire uno spiraglio, in modo da scalfire gli egoismi e immaginare un mondo più bello e cooperante. Per fare questo, bisogna pensare (positivamente), ovvero che l’incontro con l’altro può essere anche divertente, come un viaggio affascinante che arricchisce, appaga e gratifica. Per trasmettere questa idea, ho creato un’opera dal segno “leggero”, una figura “graziosa” a cui accostarsi in modo ludico, da osservare con gli occhi curiosi dei bambini, che mai discriminano. Una scultura di un animale vivacemente decorata con la tecnica del mosaico trencadis, appunto, per scongiurare timori, anzi al contrario, trasmettere fiducia nei confronti di ciò che sembra strano, estraneo, ovvero straniero. Un “nuovo arrivato”, in cerca di amicizie, pensato affinché possa interagire con la vita cittadina e con coloro che lo vorranno “accarezzare”, sperando che tutti coloro che vi passeranno accanto, rafforzino l’idea che attraverso la conoscenza si può arginare la diffidenza, e noi (artisti ed istituzioni), abbiamo il compito di comunicare, come una se fosse una missione, la fiducia nel prossimo, attraverso la cura e la bellezza dei luoghi che ci circondano. L’opera, come accennato, è una scultura in ferro, cartapesta, mosaico trencadìs (termine catalano che vuol dire frantumato), rifinita a stucco. Io penso all’arte come uno strumento, per comunicare e riflettere sulle tematiche dell’età contemporanea. L’immagine del toro, è importante perché si collega direttamente al luogo in cui la scultura è stata installata, ovvero la rotonda antistante il Foro Boario, luogo rinomato a Forlì, poiché qui, già alla fine degli anni ‘20, era stato istituito quello che diventerà col tempo, uno dei cinque mercati di bestiame, più importanti d’Italia, fino alla sua chiusura, avvenuta alla fine degli anni ‘70. Il tema del toro mi è sembrato interessante, anche perché ha una derivazione, che mette in relazione il nome Italia con un graffito rupestre del paleolitico superiore, ritrovato a Papasidero, in Calabria, rappresentante un Bos Primigenius. Varrone infatti, fa derivare la parola Italia dai vitelli (“Italia a Vitulis”) per l’abbondanza e bellezza del vitello, Vitulus in Latino. Il passaggio dalla forma Vitalia a Italia è in tal caso spiegabile con la semplice caduta della consonante iniziale per mezzo del Greco classico, in cui la lettera V è assente. “La regione, che ora chiamasi Italia, anticamente tennero gli Enotri; un certo tempo il loro re era Italo, e allora mutarono il loro nome in Itali” (Antioco di Siracusa, in Dionigi d’Alicarnasso). L’opera, che ha una dimensione di h. 225 cm., lungh. 300 cm., largh.120 cm., è stata realizzata presso il Liceo Classico Morgagni di Forlì, per cui alla sua realizzazione hanno partecipato tantissimi studenti a cui si sono aggiunti altri cittadini volontari, che nel tempo, sotto la mia guida, hanno potuto imparare la tecnica costruttiva di un’opera composta da tanti altri indispensabili materiali, atti a renderla solida e impermeabile. Tutte queste persone hanno avuto modo di rivestirla di innumerevoli “cocci”, alcuni sottratti all’abbandono, altri invece, sono stati frutto di donazioni di comuni cittadini, ma che contengono importanti ricordi e sentimenti forti. Nell’insieme questo lavoro partecipato assume la forma di una metafora, composta da un mondo fatto di varia umanità, nella quale si sono ritrovati insieme tante persone (normodotati, diversamente abili, giovani, anziani, italiani e stranieri, senza distinzione alcuna). Costoro, sia pure nelle distinte ed indispensabili differenze, anche in termini di competenze e capacità, si sono riconosciuti quali testimoni di una pratica artistica di cittadinanza attiva, che li ha visti protagonisti di un intervento di cura e abbellimento di un luogo, posto nel cuore della città di Forlì. L’Opera, infatti, è da oggi collocata nella rotonda di Foro boario, grazie al finanziamento e alla gestione della Ditta ER Lux (Responsabile Marketing, dott. Francesco Colombo), in collaborazione con il Comune di Forlì (Assessorato ai Lavori Pubblici, dott.Giuseppe Petetta) e con il comitato di quartiere del Foro Boario (Presidente, dott.ssa Loretta Poggi).
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